Leggende e miti dell'antica Grecia. Miti su Ercole

All'inizio non c'era niente, né il Cielo né la Terra. Solo il Caos - oscuro e sconfinato - riempiva ogni cosa di sé. Era la fonte e l'inizio della vita. Tutto veniva da lui: il mondo, la Terra e gli dei immortali.

Inizialmente, Gaia emerse dal Caos, la dea della Terra, un rifugio universale sicuro, dando vita a tutto ciò che vive e cresce su di essa. Nelle viscere della terra profonda, nel suo nucleo più oscuro, nacque il cupo Tartaro: un terribile abisso pieno di oscurità. Così lontano dalla terra al cielo luminoso, così lontano giace il Tartaro. Il Tartaro è recintato dal mondo con un recinto di rame, la notte regna nel suo regno, le radici della terra lo intrecciano e bagna il mare amaro-salato.

Dal Caos è nato anche l'Eros più bello, che, con la potenza dell'Amore, riversato nel mondo per sempre, può conquistare i cuori.

Il caos infinito ha dato origine all'oscurità eterna - Erebus e la notte nera - Nyukta, insieme hanno dato vita alla Luce eterna - Etere e al giorno luminoso - Hemera. La luce si diffuse nel mondo e la notte e il giorno iniziarono a sostituirsi l'un l'altro.

La progenitrice degli dei, Gaia, diede alla luce un uguale Cielo stellato - Urano, che, come una copertura infinita, avvolge la Terra. Gaia-Terra si protende verso di lui, innalzando aguzze cime montuose, dando vita al mondo, non ancora unito ad Urano, il mare sempre rumoroso.

Madre Terra ha dato alla luce il Cielo, le Montagne e il Mare, e non hanno padre.

Urano prese in moglie la feconda Gaia, e sei figli e figlie - potenti titani - nacquero a coppia divina. Il loro primogenito, figlio di Oceano, profondo, le cui acque lavano dolcemente la Terra, condivideva un letto con Teti, dando vita a tutti i fiumi che affluiscono al mare. Tremila figli - divinità fluviali - e tremila figlie-oceanidi - diedero alla luce un Oceano dai capelli grigi, affinché dessero gioia e prosperità a tutti gli esseri viventi, riempiendolo di umidità.

Un'altra coppia di titani - Hyperion e Theia - diede alla luce il Sole-Helios, Selena-Moon e la bellissima Eos-Dawn. Da Eos vennero le stelle che brillano nel cielo di notte, e i venti - il rapido vento del nord Borea, il vento dell'est Eurus, le umide note meridionali e il dolce vento dell'ovest Zefiro, portando nuvole di pioggia di schiuma bianca.

Altri tre giganti - i Ciclopi - sono nati anche da Madre Gaia, che sono simili ai titani in tutto, ma con un solo occhio sulla fronte. Gaia diede anche alla luce tre giganti hecatoncheir con cento braccia e cinquanta teste, che possedevano una forza incommensurabile. Niente potrebbe opporsi a loro. Erano così forti e terribili che padre Urano li odiava a prima vista e li imprigionò nelle viscere della Terra affinché non potessero rinascere.

Madre Gaia soffrì, schiacciata dal suo terribile fardello, racchiusa nelle sue profondità. E poi ha chiamato i suoi figli, dicendo loro che il primo signore Urano ha pianificato la malvagità e che la punizione dovrebbe ricadere su di lui. Tuttavia, i titani avevano paura di andare contro il padre, solo l'astuto Kronus, il più giovane dei figli titani nati da Gaia, accettò di aiutare la Madre a rovesciare Urano. Con la falce di ferro consegnata da Gaia, Crono tagliò il membro genitale di suo padre. Dalle gocce di sangue che si riversarono a terra, nacquero le terribili Erinni, senza pietà. Dalla schiuma del mare, che lavò a lungo un pezzo di carne divina, nacque la bella Afrodite, la dea dell'amore.

Lo storpio Urano era arrabbiato, maledicendo i suoi figli. Divinità terribili nate dalla Dea della Notte divennero punizione per la malvagità: Tanata - morte, Eridu - discordia, Apatu - inganno, Ker - distruzione, Hypnos - un sogno con uno sciame di visioni cupe e pesanti, Nemesi che non conosce pietà - vendetta per reati. Molte divinità che portano sofferenza nel mondo, Nyukta ha dato alla luce.

Orrore, conflitto e sfortuna furono portati nel mondo da questi dei, dove Kron regnava sul trono di suo padre.

1. Mito della creazione pelasgica

In principio, Eurinome, dea di tutte le cose, si alzò nuda dal Caos e si ritrovò senza nulla a cui appoggiarsi. Così separò il cielo dal mare e iniziò la sua solitaria danza sulle sue onde. Nella sua danza si mosse verso sud, e dietro di lei si levò un vento che le parve del tutto adatto per iniziare la creazione. Voltandosi, catturò questo vento del nord, lo strinse tra i palmi delle mani - e il grande serpente Ofion le apparve davanti agli occhi. Per riscaldarsi, Eurinome danzò sempre più furiosamente, finché il desiderio sorse in Ofione, e avvolse i suoi lombi divini intorno a lei per possederla. Ecco perché il vento del nord, detto anche Borea, fertilizza: ecco perché le cavalle, voltando le spalle a questo vento, partoriscono puledri senza l'aiuto di uno stallone 1 . Allo stesso modo, Eurinome concepì un bambino.

B. Poi si trasformò in una colomba, si sedette come una chioccia sulle onde e, trascorso il tempo assegnato, depose l'Uovo del Mondo. Su sua richiesta, Ofione si avvolse sette volte attorno a questo uovo e lo fece schiudere finché non si spaccò in due. E da esso è apparso tutto ciò che esiste solo nel mondo: il sole, la luna, i pianeti, le stelle, la terra e le sue montagne, i fiumi, gli alberi, le erbe e gli esseri viventi.

C. Eurinome e Ofione si stabilirono sull'Olimpo, ma lui l'offese dichiarandosi creatore dell'universo. Per questo lo colpì in testa con il tallone, gli strappò tutti i denti e lo respinse in cupe caverne sotterranee 2 .

D. Dopo di che, la dea creò sette forze planetarie, ponendo a capo di ciascuna un titanide e un titano. Theia e Hyperion possedevano il Sole; Phoebe e Atlas - dalla Luna; Dione e Crius - il pianeta Marte; Metis e Coy - il pianeta Mercurio; Themis e Eurymedon - il pianeta Giove; Teti e l'Oceano - dal pianeta Venere; Rea e Kron - il pianeta Saturno 3. Ma il primo uomo fu Pelasg, l'antenato di tutti i Pelasgi; uscì dalla terra dell'Arcadia, e dopo di lui vennero altri, ai quali insegnò a fare capanne e a mangiare ghiande, e anche a fare vestiti di pelli di maiale, in cui camminano ancora i poveri Eubea e Phokis 4.

1 Plinio. Storia naturale VIII.67; Omero. Iliade XX. 223-224.

2 Nella letteratura greca sopravvivono solo frammenti sparsi di questo mito preellenico. I più grandi si trovano in Apollonio di Rodi (Argonautica, I. 496-505) e Tsetsa (scholia to Lycophron, 1191); tuttavia, questo mito non può essere trascurato nei misteri orfici. La suddetta versione può essere ricostruita sulla base del frammento berossiano e della cosmogonia fenicia, citati da Filone di Biblo e Damasco; sulla base di elementi cananei nella versione ebraica del mito della creazione, sulla base di Gigin (Miti 197 - cfr. 62a); basato sulla leggenda beota dei denti del drago (vedi 58.5); così come sulla base dell'antica arte rituale. La prova che tutti i Pelasgi consideravano il loro capostipite Ofione sono i loro sacrifici collettivi, peloria (Ateneo. XIV.45.639-640), cioè Ofione a loro avviso è Pelor, o "grande serpente".

3 Apollodoro. I.3; Esiodo, Teogonia, 133ss.; Stefano di Bisanzio sotto la parola Adana; Aristofane. Uccelli, 692ss.; Clemente di Roma, Sermoni, VI.4.72; Proclo. Commento al Timeo di Platone, III, p.183, 26-189, 12 Diehl.

4 Pausania. VIII.1.2.

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1. In questo sistema religioso arcaico non c'erano dèi o sacerdoti, ma c'erano dee universali e le loro sacerdotesse, con le donne come sesso dominante e gli uomini le loro vittime spaventate. La paternità non veniva riconosciuta, le cause del concepimento erano considerate il vento, i fagioli mangiati o un insetto ingerito accidentalmente; l'eredità passava per linea materna e i serpenti erano considerati l'incarnazione dei morti.

2. Ofion, o Borea, è il serpente demiurgo degli antichi miti ebraici ed egizi; negli oggetti dell'antica arte mediterranea, la dea era costantemente raffigurata con lui. Pelasgi Pelasgi - il nome collettivo dell'antica popolazione pregreca della Grecia. Ovviamente l'area originaria del loro insediamento era la Grecia settentrionale; nell'est della Tessaglia c'è una regione di Pelasgiotida, e Zeus di Dodona era chiamato Pelasgi. Ma anche nell'antichità questo nome iniziò ad essere usato sempre più ampiamente, coprendo l'antica popolazione di tutta la Grecia, e nel tempo passò anche all'antica popolazione d'Italia. Pertanto, non è quasi necessario associare questo nome a persone in particolare, come fa Graves. Esistono diverse varianti della genealogia di Pelasg, il mitico antenato dei Pelasgi; in essi è più spesso associato all'Arcadia o ad Argo. La differenza tra il mito della creazione pelasgico e quello successivo, l'Orfico, non è molto chiara in Graves. Nello stesso Apollo di Rodi, è Orfeo a narrare di Eurinomo e Ofione, sia pure come personaggio letterario, ma tuttavia questa è una prova importante a favore del fatto che questa è proprio la tradizione orfica dell'origine del mondo. E, naturalmente, Graves non aveva motivo di ribattezzare questo mito "Pelasgico". In generale, sia il Serpente Ofione che l'uovo sono considerati elementi tradizionalmente orfici del mito influenzato dall'Oriente., nati dalla terra e che affermano di essere sorti dai denti di Ofione, erano probabilmente genti neolitiche, portatrici della cultura della "ceramica dipinta". Arrivarono nella Grecia continentale intorno alla metà del quarto millennio a.C. La popolazione della prima cultura elladica Secondo la cronologia accettata, il primo periodo elladico è ca. 2800 - ca. 2000 prima. ANNO DOMINI; Medio elladico - ca. 2000 - ca. 1500 AVANTI CRISTO.; Tardo elladico - ca. 1500 - ca. 1200 AVANTI CRISTO., migrando dall'Asia Minore attraverso le Cicladi, le scoprì nel Peloponneso sette secoli dopo. Tuttavia, i Pelasgi iniziarono facilmente a chiamare tutti gli abitanti preellenici della Grecia in generale. Così Euripide (secondo Strabone V. II.4) indica che i Pelasgi presero il nome di Danai dopo l'arrivo di Danae e delle sue cinquanta figlie ad Argo. La critica alla loro promiscuità (Erodoto VI.137) riguarda probabilmente l'usanza preellenica del matrimonio di gruppo, Strabone nello stesso passo riferisce che le persone che abitavano ad Atene erano conosciute con il nome di "pelargi" ("cicogne"); è possibile che fosse il loro uccello totem.

3. I titani ei titanidi avevano le loro controparti nell'antica astrologia babilonese e palestinese sotto forma di divinità che governavano i sette giorni della sacra settimana planetaria. Potevano arrivare in Grecia attraverso la colonia cananea o ittita che esisteva sull'istmo di Corinto all'inizio del II millennio a.C. (vedi 67.2), o anche attraverso gli antichi Hellad. Ma quando la Grecia abbandonò il culto dei titani e la settimana di sette giorni cessò di comparire nel calendario ufficiale, il numero dei titani, secondo alcuni autori, raggiunse i dodici, forse in base al numero dei segni dello zodiaco. Esiodo, Apollodoro, Stefano di Bisanzio, Pausania e altri forniscono elenchi contrastanti dei loro nomi. Nel mito babilonese, tutti i sovrani planetari della settimana, ovvero Shamash, Sin, Nergal, Bel, Beltis e Ninib, erano maschi, ad eccezione di Beltis, la dea dell'amore. Tuttavia, nella settimana germanica, che i Celti presero in prestito dal Mediterraneo orientale, domenica, martedì e venerdì erano guidati dai Titanidi, non dai Titani. Sulla base dello status divino delle coppie di figlie e figli di Eolo (vedi 43.4), nonché dal mito di Niobe (vedi 77.1), si può presumere che quando questo sistema raggiunse per la prima volta la Grecia preellenica, fosse decise di accoppiare i Titanidi e i Titani per proteggere gli interessi della dea. Tuttavia, molto presto rimasero solo sette dei quattordici titani, e di entrambi i sessi. Ai pianeti venivano assegnate le seguenti funzioni: il Sole - per l'illuminazione, la Luna - per la stregoneria, Marte - per la crescita, Mercurio - per la saggezza, Giove - per le leggi, Venere - per l'amore, Saturno - per il mondo. astrologi Grecia classica, come i babilonesi, dedicò i pianeti a Helios, Selene, Ares, Hermes (o Apollo), Zeus, Afrodite e Kronus, i cui nomi latini sopra riportati costituivano la base per i nomi dei giorni della settimana in francese, italiano e spagnolo .

4. Alla fine, secondo la logica del mito, Zeus divorò tutti i titani, compresa la più antica ipostasi di se stesso (cfr. il culto degli ebrei a Gerusalemme al dio trascendente, che consisteva in tutti i Signori planetari della settimana, che si è riflessa nella creazione del Semicandeliere, oltre a sette pilastri della saggezza). I sette pilastri planetari eretti a Sparta vicino al monumento al cavallo, secondo Pausania (ІІІ.20.9), erano decorati all'antica e potrebbero essere associati ai riti egizi introdotti dai Pelasgi (Erodoto II.57). È impossibile dire con certezza chi esattamente - ebrei o egiziani - abbia adottato questa teoria l'uno dall'altro, ma la statua del cosiddetto Zeus eliopolitano, che AB Cook considera nella sua opera "Zeus" (I.570-576), era a suo modo natura egiziana. La sua parte anteriore era decorata con i busti dei sette sovrani dei pianeti e i busti degli altri dell'Olimpo adornavano il retro della statua. Una statuetta in bronzo di questo dio è stata trovata nella Tortosa spagnola e la seconda è la stessa - nel fenicio Byblos. Una stele marmorea rinvenuta a Marsiglia raffigura sette busti planetari, oltre a una statua di Hermes delle dimensioni di una figura umana, la cui importanza come creatore dell'astronomia è stata probabilmente sottolineata in ogni modo possibile. A Roma, secondo Quinto Valerio Sorano, Giove era considerato un dio trascendente, sebbene in questa città, a differenza di Marsiglia, Byblos e, probabilmente, Tortosa, la settimana non fosse osservata. Tuttavia, ai Sovrani Planetari non fu mai permesso di influenzare il culto olimpico ufficiale, poiché la loro natura era sempre percepita come non greca (Erodoto I.131) e l'adesione ad essi era considerata non patriottica: Aristofane (Mondo, 403 e segg.) mette in bocca a Trigeo parole su che la luna e il "truffatore Helios" stavano preparando un complotto per consegnare a tradimento la Grecia nelle mani dei barbari Persiani.

5. L'affermazione di Pausania secondo cui Pelasgo fu il primo uomo testimonia la continuità della tradizione della cultura neolitica in Arcadia fino al periodo classico.

2. Miti della creazione omerica e orfica

Si dice che tutti gli dei e tutti gli esseri viventi sorsero nella corrente dell'Oceano lavando il mondo intero, e che la madre di tutti i suoi figli era Teti 1 .

B. Tuttavia, gli Orfici affermano che la Notte dalle ali nere, una dea davanti alla quale anche Zeus tremava 2 , rispose al corteggiamento del Vento e depose un uovo d'argento nel grembo delle Tenebre; e che Eros, a volte chiamato Phanet, è stato schiuso da questo uovo e ha messo in moto l'universo. Eros era bisessuale, dietro la schiena c'erano ali d'oro, e da quattro teste a volte si sentiva un ruggito di toro o un ringhio di leone, un sibilo di un serpente o il belato di un ariete. La notte, che lo chiamò Ericepai e Phaeton-Protogon 3, si stabilì con lui nella grotta, manifestandosi sotto forma di una triade: Notte, Ordine e Giustizia. Davanti alla grotta, la madre di Rea inevitabilmente sedeva e batteva il suo tamburello di bronzo, attirando l'attenzione della gente sugli oracoli della dea. Phanet creò la terra, il cielo, il sole e la luna, ma la triade di dee continuò a governare l'universo finché il loro scettro non passò a Urano 4 .

1 Omero, Iliade XIV.201.

2 Ibid XIV.261.

3 Frammenti orfici 60, 61 e 70.

4 Ibid 86.

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1. Il mito omerico è una variante del mito della creazione pelasgico (vedi 1.2), poiché Teti ascese sul mare come Eurinome e l'Oceano intrecciava l'universo come Ofione.

2. Il mito orfico è un'altra versione, influenzata dai successivi insegnamenti mistici sull'amore (Eros) e dalle teorie sull'effettiva relazione tra i sessi. L'uovo d'argento della notte è la luna, poiché l'argento era considerato il metallo lunare. Come Erikepai, Phanet, il dio dell'amore, è un'ape celeste che ronza forte, figlio della Grande Dea (vedi 18.4). L'alveare era considerata la repubblica ideale; confermò anche il mito dell'età dell'oro, quando il miele gocciolava direttamente dagli alberi (vedi 5. b). Rhea ha battuto un tamburello di bronzo per impedire alle api di sciamare nel posto sbagliato e spaventare le forze del male. Nei misteri, l'imitazione del ruggito di un toro serviva a spaventare le forze del male. Come Phaethon-Protogon ("splendore originale"), Phanet era il sole, che gli Orfici consideravano un simbolo di luce (vedi 28 d), e le sue quattro teste corrispondevano a creature che simboleggiavano le quattro stagioni. Secondo Macrobio, l'oracolo Colophon identificava Phanet con il dio trascendente Yao: Zeus (ariete) - Primavera; Helios (leone) - Estate; Ade (serpente) - Inverno; Dioniso (toro) - Capodanno.

Con l'instaurazione del patriarcato, lo scettro della Notte passò ad Urano.

3. Mito della creazione olimpica

All'inizio di tutte le cose, Madre Terra sorse dal Caos e in sogno diede alla luce un figlio, Urano. Guardando teneramente la madre addormentata dall'alto delle cime delle montagne, le versò pioggia fertilizzante sull'inguine e lei diede alla luce erbe, fiori e alberi, nonché i loro animali e uccelli corrispondenti. Dalla stessa pioggia iniziarono a scorrere i fiumi e tutte le depressioni si riempirono d'acqua, formando laghi e fiumi.

B. I suoi primi figli erano mezzi umani: i giganti dalle cento braccia Briareus, Gyes e Kott. Quindi apparvero tre Ciclopi selvaggi con un occhio solo, i costruttori di gigantesche mura e fucine, prima in Tracia, poi a Creta e in Licia 1 , i cui figli Ulisse incontrò in Sicilia 2 . I loro nomi erano Bront, Sterop e Arg. Quando Apollo li uccise per vendicarsi della morte di Asclepio, le loro ombre si posarono nelle cupe grotte dell'Etna.

C. I Libici, invece, sostengono che Garamantes sia nato prima dei cento braccia, e che quando è cresciuto fuori dalla valle, ha fatto un sacrificio alla madre terra sotto forma di ghianda dolce 3 .

1 Apollodoro I.1-2; Euripide, Crisippo. cit. di: Sesto Empirico. Contro i fisici II.315; Lucrezio I.250 e II.991 e segg.

2 Omero. Odissea IX.106-566 sgg.

3 Apollonio di Rodi IV. 1493 e segg.

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1. Il mito patriarcale di Urano ha ricevuto un riconoscimento ufficiale all'interno del sistema religioso olimpico. Urano, il cui nome venne a significare "cielo", sembra sia riuscito a conquistarsi la posizione di primo padre, essendo stato identificato con il dio pastore Varuna, che appartiene alla triade maschile ariana; Nome greco dio viene dalla forma maschio le parole Ur-ana ("regina dei monti", "regina d'estate", "regina dei venti" o "regina dei tori selvaggi") è la dea nella sua incarnazione orgiastica del solstizio. Il matrimonio di Urano con la madre terra indica una prima invasione ellenica della Grecia settentrionale, che permise alle persone che adoravano Varuna di affermare che il loro dio era il padre delle tribù locali, pur riconoscendo che era il figlio della madre terra. La menzione che la terra e il cielo si separarono l'uno dall'altro a causa di un'inimicizia mortale, ma poi amichevolmente uniti, si trova in Euripide ("Il saggio Melanippe", fr. 484) e in Apollonio di Rodi ("Argonautica" I. 496 -498). L'inimicizia mortale dovrebbe essere un'indicazione dello scontro di principi patriarcali e matriarcali a seguito dell'invasione degli Elleni. Gies ("nato dalla terra") aveva una forma diversa di nome: gigas ("gigante") e i giganti nel mito sono associati alle montagne della Grecia settentrionale. Briareus ("forte") era anche chiamato Egeon ("Iliade" I. 403), e le persone che lo adoravano potevano essere i Livio-Traci, la cui dea capra Egis (vedi 8.1) diede il nome al Mar Egeo. Kott potrebbe essere stato l'eponimo dei Kotti, che adoravano l'orgiastico Kotitto, il cui culto si diffuse dalla Tracia in tutta l'Europa nord-orientale.

2. I Ciclopi ricordano probabilmente la comunità degli antichi bronzisti elladici. Ciclope significa "dagli occhi rotondi"; è possibile che fossero tatuati sulla fronte a forma di cerchi concentrici in onore del sole, fonte di fuoco nelle loro fornaci; i Traci continuarono a tatuare fino all'era classica (vedi 28.1). I cerchi concentrici fanno parte dei misteri del fabbro: per forgiare una ciotola, un elmo o una maschera rituale, i fabbri tracciavano il disco piatto di metallo che stavano elaborando, disegnando cerchi divergenti dal centro. I Ciclopi potrebbero anche essere con un occhio solo, nel senso che i fabbri spesso coprono un occhio con qualcosa per proteggerlo dalle scintille volanti. In seguito questi collegamenti furono dimenticati ei mitografi, avendo mostrato sufficiente immaginazione, fecero dei Ciclopi gli abitanti delle grotte dell'Etna, forse per spiegare la comparsa di fuoco e fumo sopra il cratere (vedi 35.1). C'erano stretti legami culturali tra la Tracia, Creta e la Licia, e ovunque in queste regioni i Ciclopi erano ben noti. La prima cultura elladica si diffuse anche in Sicilia, ma è possibile che la presenza dei Ciclopi in Sicilia (come suggerì per primo S. Butler Butler S. (Butler, 1835-1902) - Scienziata inglese, ideatrice della teoria secondo cui l'autore dell'Odissea è una donna, ovvero l'eroina del poema Nausicaa (vedi: L'autrice dell'Odissea, 1897).) si spiega con l'origine siciliana dell'Odissea (vedi 170.b). I nomi Bront, Sterop e Arg ("tuono", "fulmine" e "perun") apparvero in seguito.

3. Garamant è l'eponimo antenato dei Garamanti libici che abitarono l'oasi di Jado a sud del Fezzan e nel 19 a.C. conquistata dal comandante romano L. Balbom. Presumibilmente appartenevano ai Cushito-berberi. Nel II sec. ANNO DOMINI furono soggiogati dalla tribù matrilineare berbera dei Lemta, e successivamente mescolati con la popolazione nera della costa meridionale dell'alto Niger, assimilando la loro lingua. Ora i discendenti dei Garamanti vivono in un solo villaggio chiamato Koromance. Garamante deriva dalle parole gara, man e te, che significano "popolo del paese di Gara". È possibile che Gara risalga al nome della dea Ker, K "re o Kar (vedi 82.6 e 86.2), da cui, in particolare, si chiamavano i Cari e che era tradizionalmente associata all'apicoltura. Ghiande commestibili (cibo tradizionale della popolazione mondo antico prima dell'avvento dei cereali) cresceva in Libia. L'insediamento garamantico chiamato "Ammon" si unì all'insediamento della Grecia settentrionale di Dodona in una lega religiosa, che, secondo F. Petri Petrie F. (Petrie, 1853-1942) - il famoso archeologo inglese. Ha studiato Stonehenge, metrologia antica. Dal 1880 lunghi anni condusse scavi sistematici in Egitto, divenuto famoso soprattutto per gli scavi di Menfi. Alla fine della sua vita condusse scavi in ​​Palestina., potrebbe essere esistito già nel terzo millennio a.C. Entrambi gli insediamenti avevano antiche querce oracolari (vedi 57. a). Erodoto caratterizza i Garamanti come un popolo pacifico ma potente che coltivava il pane e allevava bestiame (IV. 174 e 183).

4. Due miti filosofici della creazione

Si dice che l'Oscurità sia stata la prima, e dall'Oscurità sia sorto il Caos. Dall'unione dell'Oscurità con il Caos sorsero Notte, Giorno, Erebus e Aria.

Dall'unione della Notte con Erebo nacquero Fato, Vecchiaia, Morte, Omicidio, Voluttà, Sonno, Sogni, Litigio, Dolore, Fastidio, Nemesi, Gioia, Amicizia, Compassione, Moirai ed Esperidi.

Dall'unione dell'Aria e del Giorno nacque Gaia-Terra, Cielo e Mare.

Dall'unione dell'Aria e di Gaia-Terra sorsero la paura, il faticoso lavoro, la furia, l'inimicizia, l'inganno, i giuramenti, l'accecamento dell'anima, l'intemperanza, gli argomenti, l'oblio, i dolori, l'orgoglio, le battaglie, nonché l'Oceano, Metis e i Titani , Tartaro e le tre Erinni, o furie.

I giganti sono nati dall'unione della Terra e del Tartaro.

B. Dall'unione del Mare e dei suoi fiumi vennero le Nereidi. Tuttavia, non c'erano persone mortali finché, con il permesso della dea Atena, Prometeo, figlio di Giapeto, non li accecò a immagine degli dei. A questo scopo prese terra e acqua da Panopa (Phokis), e Atena diede loro vita 1 .

C. Si dice anche che il dio di tutte le cose - chiunque fosse, per alcuni lo chiamano "Natura" - apparve improvvisamente dal Caos, separando la terra dal cielo, l'acqua dalla terra e l'aria superiore da quella inferiore. Ha portato gli elementi nell'ordine che vediamo ora. Divise la terra in zone: molto calda, molto fredda e temperata; Su di essa creò valli e montagne e le rivestì di erba e alberi. Sopra la terra stabilì un firmamento rotante, lo cosparse di stelle e stabilì dimore ai quattro venti. Popoli anche le acque di pesci, la terra di bestie e pose in cielo il sole, la luna e cinque pianeti. Infine creò un uomo che, uno di tutti gli animali, volse lo sguardo al cielo e vide il sole, la luna e le stelle, a meno che non sia vero che Prometeo, figlio di Giapeto, plasmò egli stesso i primi popoli dalla terra e dall'acqua, e l'anima in essi apparve grazie agli elementi divini erranti, preservati dal tempo della prima creazione 2.

1 Esiodo. Teogonia 211-232; Apollodoro I.7.1; Luciano. Prometeo o Caucaso 13; Pausania X.4.3.

2 Ovidio. Metamorfosi I.1-88.

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1. Nella "Teogonia" di Esiodo, su cui si basa il primo di questi miti filosofici, l'elenco delle astrazioni per qualche ragione contiene improvvisamente Nereidi, titani e giganti, che l'autore ha ritenuto necessario includere qui.

2. Il secondo mito, che si trova solo in Ovidio, fu preso in prestito dai greci successivi dall'epopea babilonese di Gilgamesh, nella parte introduttiva della quale si racconta come la dea Aruru creò il primo uomo Zabani da un pezzo di argilla. Tuttavia, sebbene Zeus sia stato un dio del mondo per molti secoli, i mitografi sono stati costretti ad ammettere che la creatura potrebbe essere il creatore di tutte le cose. femmina. Gli antichi ebrei, che ereditarono il mito della creazione dai "pelasgi" o cananei, provarono un simile smarrimento: nel libro della Genesi, lo "spirito di Dio" femminile siede come una gallina sulla superficie delle acque, sebbene l'Uovo del Mondo non è menzionato. Eva, "la madre di tutti gli esseri viventi", deve colpire il serpente in testa, anche se non viene mandato negli inferi fino alla fine del mondo.

3. Allo stesso modo, nella versione talmudica del mito della creazione, l'arcangelo Michele - un analogo di Prometeo - crea Adamo dalla polvere, non per ordine della madre di tutti gli esseri viventi, ma per ordine di Yahweh, che poi respira la vita in una persona e lo dà ad Eva; lei, come Pandora, diventa la causa di tutte le disgrazie dell'umanità (vedi 39. j).

4. filosofi greci distinto l'uomo creato da Prometeo dalle creature terrene imperfette, in parte distrutte da Zeus e in parte spazzate via dal diluvio del deucalione (vedi 38. s). La stessa distinzione può essere trovata nella Bibbia (Gen. 6,2-4), dove i "figli di Dio" sono contrapposti alle "figlie degli uomini" che si sposano.

5. Le tavolette con l'epopea di Gilgamesh sono di data piuttosto tarda e molto incerte. In essi, la "Madre splendente del vuoto" è dichiarata la creatrice di tutto, con Aruru solo uno dei tanti titoli della dea. Il tema principale del mito è la sconcertante ribellione contro l'ordine della dea matriarcale da parte degli dei del nuovo ordine patriarcale. Marduk - il dio principale della città di Babilonia - alla fine sconfigge la dea, l'idra marina sotto forma di Tiamat, dopo di che dichiara sfacciatamente che è stato lui, e nessun altro, a creare le erbe, le terre, i fiumi, animali, uccelli e umanità. Marduk, questo dio parvenu, non è stato il primo a dichiarare la sua vittoria su Tiamat e la creazione del mondo. Prima di lui, una dichiarazione simile fu fatta dal dio Bel, il cui nome è la forma maschile di Beleth-ili, la dea madre sumera. Il passaggio dal matriarcato al patriarcato in Mesopotamia, come in numerosi altri luoghi, prese probabilmente la forma di un colpo di stato compiuto dal co-reggente-marito della regina, al quale ella trasferì il potere esecutivo, permettendogli di prendere il suo nome, gli abiti e gli oggetti sacri (cfr 136,4).

5. Cinque secoli di umanità

Alcuni negano che Prometeo abbia creato gli umani o che gli umani siano cresciuti dai denti di drago. Dicono che la terra abbia partorito l'uomo come il migliore dei suoi frutti proprio in Attica 1 e che il primo uomo sia stato Alkomeneus, che crebbe vicino al lago Copaid in Beozia ancor prima che apparisse la luna. Diede consigli a Zeus quando litigava con Era e allevò Atena quando era ancora solo una ragazza 2 .

B. Queste persone erano chiamate la Generazione d'Oro e adoravano Kron. Vivevano senza affanni e fatiche, mangiando ghiande, frutti di bosco e miele, che gocciolava direttamente dagli alberi, bevevano pecore e latte di capra non è mai invecchiato, ha ballato e riso molto. La morte per loro non era più terribile del sonno. Nessuno di loro è rimasto, ma i loro spiriti esistono ancora: sono diventati demoni beati, portatori di buona fortuna e difensori della giustizia.

C. Poi c'erano le persone dell'età dell'argento, che mangiavano il pane, anche lui di origine divina. Queste persone hanno obbedito in tutto alle loro madri e non hanno osato disobbedire loro, sebbene abbiano vissuto fino a cento anni. Erano litigiosi e ignoranti e non facevano mai sacrifici agli dei, ma erano buoni perché non litigavano tra loro. Zeus li distrusse tutti.

D. Poi venne il popolo dell'età del rame, in nessun modo simile al primo; erano tutti armati con armi di rame. Mangiavano carne e pane, amavano combattere, erano maleducati e crudeli. La Morte Nera li ha presi tutti.

e. Anche il quarto popolo era di rame, ma differiva dai loro predecessori per nobiltà e gentilezza, poiché erano figli di dèi e madri mortali. Si ricoprirono di gloria all'assedio di Tebe, durante il viaggio degli Argonauti e durante la guerra di Troia. Divennero eroi e "le isole abitano i Beati".

F. I quinti sono la corrente gente di ferro, indegni discendenti della quarta generazione. Si sono induriti, sono diventati ingiusti, viziosi, malvagi verso i genitori e ingannevoli 3 .

1 Platone. Menexen 237d-238a.

2 Ippolito. Confutazione di tutte le eresie V.6.3.; Eusebio, Sulla preparazione del Vangelo III.1.3.

3 Esiodo. Opere e giorni 109-201 e scholia.

* * *

1. Sebbene il mito dell'età dell'oro sia riconducibile alla tradizione del culto tribale della dea-ape, la ferocia di questo periodo, che precedette l'ascesa dell'agricoltura, era già stata dimenticata al tempo di Esiodo, unico idealista restava la convinzione che le persone un tempo vivevano in armonia, come le api (cfr. 2.2). Esiodo era un contadino e aveva un piccolo appezzamento, e una vita difficile lo rendeva cupo e pessimista. Mito su età dell'argento porta tracce di un matriarcato, simile a quelli che esistevano tra i Pitti ei Mossinik del Mar Nero in epoca classica (vedi 151.e), così come tra le singole tribù delle Isole Baleari e sulla costa del Golfo della Sirte. Gli uomini erano ancora considerati il ​​sesso spregevole, ma l'agricoltura era già arrivata e le guerre erano rare. Il terzo popolo erano gli antichi Elleni: i pastori età del bronzo, che adoravano la dea e suo figlio Poseidone, e il loro albero di culto era il frassino (vedi 6.4 e 57.1). Il quarto popolo erano i re guerrieri dell'era di Micene. Il quinto popolo furono i Dori del XII secolo. aC, che utilizzò strumenti di ferro e distrusse la civiltà micenea.

Alalkomeney è un personaggio fittizio il cui nome è la forma maschile di Alalkomen - l'epiteto di Atena ("Iliade" IV.8) come patrona della Beozia. Ha piantato un dogma patriarcale secondo cui nessuna donna, nemmeno una dea, è capace di un'azione razionale senza il consiglio maschile.

Dominerà su tutti i parenti. Era, appreso questo, affrettò la nascita di Stenelo, moglie di Perseide, che diede alla luce il debole e vile Euristeo. Zeus dovette involontariamente accettare che Eracle, nato dopo questa Alcmena, obbedisse a Euristeo, ma non per tutta la vita, ma solo fino a quando non compie 12 grandi imprese al suo servizio.

Eracle con prima infanzia era di grande forza. Già nella culla, ha strangolato due enormi serpenti inviati dall'Eroe per distruggere il bambino. Ercole trascorse la sua infanzia nella Beozia Tebe. Liberò questa città dal potere del vicino Orcomeno e in segno di gratitudine il re tebano Creonte diede sua figlia, Megara, ad Ercole. Presto Era mandò un impeto di follia ad Ercole, durante il quale uccise i suoi figli e i figli del fratellastro Ificle (secondo le tragedie di Euripide ("") e Seneca, Ercole uccise anche sua moglie Megara). L'oracolo delfico, in espiazione di questo peccato, ordinò ad Ercole di andare da Euristeo e compiere, su suo ordine, quelle 12 imprese che gli erano state destinate dal destino.

La prima impresa di Ercole (riassunto)

Ercole uccide il leone di Nemea. Copia dalla statua di Lisippo

La seconda impresa di Ercole (riassunto)

La seconda impresa di Ercole è la lotta contro l'Idra di Lerne. Dipinto di A. Pollaiolo, ca. 1475

La terza impresa di Ercole (riassunto)

Ercole e gli uccelli Stinfalo. Statua di A. Bourdelle, 1909

La quarta impresa di Ercole (riassunto)

La quarta impresa di Ercole - Keriney doe

La quinta impresa di Ercole (riassunto)

Ercole e il cinghiale Erymanthian. Statua di L. Tuyon, 1904

La sesta impresa di Ercole (riassunto)

Il re di Elis, Avgiy, figlio del dio del sole Helios, ricevette dal padre numerose mandrie di tori bianchi e rossi. Il suo enorme aia non è stato sgomberato per 30 anni. Ercole si offrì di liberare la stalla per un giorno per Augeas, chiedendo in cambio un decimo delle sue mandrie. Considerando che l'eroe non poteva far fronte al lavoro in un giorno, Avgiy acconsentì. Ercole bloccò i fiumi Alfeo e Peneo con una diga e deviò la loro acqua nell'aia di Avgii: tutto il letame ne fu lavato via in un giorno.

La sesta impresa - Ercole pulisce le stalle di Augius. Mosaico romano del III sec. secondo R. H. di Valencia

La settima impresa di Ercole (riassunto)

La settima impresa - Ercole e il toro cretese. Mosaico romano del III sec. secondo R. H. di Valencia

L'ottava impresa di Ercole (riassunto)

Il re tracio Diomede possedeva cavalli di meravigliosa bellezza e forza, che potevano essere tenuti solo in una stalla con catene di ferro. Diomede nutriva i suoi cavalli con carne umana, uccidendo gli estranei che venivano da lui. Ercole guidò i cavalli con la forza e sconfisse Diomede, che si precipitò all'inseguimento, in battaglia. Durante questo tempo, i cavalli fecero a pezzi il compagno di Ercole, Abder, che li custodiva sulle navi.

La nona impresa di Ercole (riassunto)

La regina delle Amazzoni, Ippolita, indossava una cintura donatale dal dio Ares in segno del suo potere. La figlia di Euristeo, Admet, desiderava avere questa cintura. Ercole con un distaccamento di eroi salpò verso il regno delle Amazzoni, sulle rive del Ponto Eusino (Mar Nero). Ippolita, su richiesta di Ercole, volle cedere volontariamente la cintura, ma altre Amazzoni attaccarono l'eroe e uccisero molti dei suoi compagni. Ercole uccise in battaglia i sette guerrieri più forti e mise in fuga il loro esercito. Ippolita gli diede la cintura come riscatto per l'amazzone Melanippe catturata.

Sulla via del ritorno dal paese delle Amazzoni, Ercole salvò alle mura di Troia Esione, la figlia del re troiano Laomendonte, condannata, come Andromeda, a sacrificare al mostro marino. Ercole uccise il mostro, ma Laomedon non gli diede la ricompensa promessa: i cavalli di Zeus appartenenti ai Troiani. Per questo Ercole qualche anno dopo fece un viaggio a Troia, la prese e uccise l'intera famiglia di Laomedonte, lasciando in vita solo uno dei suoi figli, Priamo. Priamo governò Troia durante la gloriosa guerra di Troia.

La decima impresa di Ercole (riassunto)

All'estremità occidentale della terra, il gigante Gerion, che aveva tre corpi, tre teste, sei braccia e sei gambe, pascolava le mucche. Per ordine di Euristeo, Ercole andò dietro a queste mucche. Il lungo viaggio verso ovest stesso era già un'impresa, e in memoria di lui Ercole eresse due pilastri di pietra (Ercole) su entrambi i lati di uno stretto stretto vicino alle rive dell'Oceano (l'odierna Gibilterra). Gerione viveva sull'isola di Erithia. Affinché Ercole potesse raggiungerlo, il dio solare Helios gli diede i suoi cavalli e una barca d'oro, sulla quale lui stesso nuota ogni giorno attraverso il cielo.

Dopo aver ucciso le guardie di Gerione - il gigante Eurition e il cane a due teste Orfo - Ercole catturò le mucche e le condusse al mare. Ma allora lo stesso Gerion si precipitò verso di lui, coprendo i suoi tre corpi con tre scudi e scagliando tre lance contemporaneamente. Tuttavia, Ercole gli sparò con un inchino e lo finì con una mazza, e trasportò le mucche sulla barca di Helios attraverso l'Oceano. Sulla strada per la Grecia, una delle mucche fuggì da Ercole in Sicilia. Per liberarla, l'eroe dovette uccidere in duello il re siciliano Eriks. Allora Era, ostile ad Ercole, mandò la rabbia al gregge, e le mucche che fuggivano dalle rive dello Ionio furono appena catturate in Tracia. Euristeo, dopo aver ricevuto le vacche di Gerione, le sacrificò ad Era.

Undicesima impresa di Ercole (riassunto)

Per ordine di Euristeo, Ercole discese attraverso l'abisso di Tenar nel cupo regno del dio dei morti Ade, per togliere di lì la sua guardia: il cane a tre teste Cerbero, la cui coda terminava nella testa di un drago . Proprio alle porte degli inferi, Ercole liberò l'eroe ateniese Teseo, che, insieme al suo amico Perifoy, fu punito dagli dei per aver tentato di rubare sua moglie Persefone dall'Ade. Nel regno dei morti, Ercole incontrò l'ombra dell'eroe Meleagro, al quale promise di diventare il protettore della sua solitaria sorella Dejanira e di sposarla. Lo stesso signore degli inferi, Ade, ha permesso a Ercole di portare via Cerbero, ma solo se l'eroe riesce a domarlo. Trovando Cerberus, Ercole iniziò a combatterlo. Ha mezzo strangolato il cane, lo ha tirato fuori da terra e lo ha portato a Micene. Il codardo Euristeo, a un'occhiata al terribile cane, iniziò a pregare Ercole di riprenderla, cosa che fece.

Undicesima fatica di Ercole - Cerbero

La dodicesima impresa di Ercole (riassunto)

Ercole dovette trovare un modo per raggiungere il grande titano Atlante (Atlanta), che tiene sulle spalle la volta celeste ai margini della terra. Euristeo ordinò a Ercole di prendere tre mele d'oro dall'albero d'oro del giardino dell'Atlante. Per scoprire la strada per l'Atlante, Ercole, su consiglio delle ninfe, custodiva il dio del mare Nereo in riva al mare, lo afferrò e lo tenne finché non gli mostrò la retta via. Sulla strada per l'Atlante attraverso la Libia, Ercole dovette combattere il crudele gigante Anteo, che ricevette nuovi poteri toccando sua madre - Terra-Gaia. Dopo un lungo combattimento, Ercole sollevò Anteo in aria e lo strangolò senza farlo cadere a terra. In Egitto, il re Busiris voleva sacrificare Ercole agli dei, ma l'eroe arrabbiato uccise Busiris insieme a suo figlio.

Ercole che combatte Anteo. Artista O. Coudet, 1819

Foto - Jastrow

Lo stesso Atlante andò nel suo giardino per tre mele d'oro, ma Ercole a quel tempo aveva bisogno di tenere per lui la volta del cielo. Atlante voleva ingannare Ercole: si offrì di portare personalmente le mele ad Euristeo, a condizione che in quel momento Ercole continuasse a tenergli il cielo. Ma l'eroe, rendendosi conto che l'astuto titano non sarebbe tornato, non cedette all'inganno. Ercole chiese ad Atlante di cambiarlo sotto il cielo per un breve riposo, e prese le mele e se ne andò.

La sequenza delle 12 grandi fatiche di Ercole varia in diverse fonti mitologiche. L'undicesima e la dodicesima impresa cambiano posto particolarmente spesso: numerosi autori antichi considerano la discesa nell'Ade dopo Cerbero l'ultima impresa di Ercole e il viaggio al giardino delle Esperidi - il penultimo.

Altre gesta di Ercole

Dopo aver completato 12 imprese, Eracle, liberato dal potere di Euristeo, sconfisse il miglior arciere della Grecia, Eurito, il re dell'Eubea Oichalia, in una gara di tiro. Eurito non diede a Ercole la ricompensa promessa per questo: sua figlia Iola. Ercole sposò poi nella città di Calidone Dejanira, sorella di Meleagro, che incontrò nel regno dell'Ade. Cercando la mano di Dejanira, Ercole affrontò un difficile duello con il dio fluviale Acheloo, che durante il combattimento si trasformò in serpente e toro.

Ercole e Dejanira andarono a Tirinto. Lungo la strada, Dejanira ha cercato di rapire il centauro Ness, che si è offerto di trasportare sposi dall'altra parte del fiume. Ercole uccise Nesso con frecce imbevute della bile dell'idra di Lerna. Prima della sua morte, Ness segretamente da Ercole consigliò a Dejanira di raccogliere il suo sangue avvelenato dal veleno dell'idra. Il centauro assicurò che se Dejanira avesse strofinato i suoi vestiti con Ercole, nessun'altra donna gli avrebbe mai fatto piacere.

A Tirinto, durante un impeto di follia nuovamente inviato dall'Eroe, Ercole uccise il suo caro amico, il figlio di Eurito, Ifit. Zeus punì Ercole per questo con una grave malattia. Cercando di trovare un rimedio per lei, Ercole andò su tutte le furie nel tempio di Delfi e combatté con il dio Apollo. Alla fine, gli fu rivelato che doveva vendersi per tre anni come schiavo della regina della Lidia Onfale. Per tre anni, Omphala ha sottoposto Ercole a terribili umiliazioni: lo ha costretto a indossarlo Abbigliamento Donna e girare, e lei stessa indossava una pelle di leone e una mazza da eroe. Tuttavia, Omphale permise a Ercole di prendere parte alla campagna degli Argonauti.

Liberato dalla schiavitù da Onfale, Ercole prese Troia e vendicò il suo precedente inganno al suo re, Laomedone. Ha poi partecipato alla battaglia degli dei con i giganti. La madre dei giganti, la dea Gaia, rese questi suoi figli invulnerabili alle armi degli dei. Solo un mortale può uccidere i giganti. Durante la battaglia, gli dei gettarono a terra i giganti con armi e fulmini, ed Ercole li finì con le loro frecce.

Morte di Ercole

In seguito, Ercole partì per una campagna contro il re Eurito, che lo insultò. Dopo aver sconfitto Eurito, Ercole catturò sua figlia, la bella Iola, che avrebbe dovuto ricevere anche dopo la precedente competizione con il padre nel tiro con l'arco. Dopo aver appreso che Ercole avrebbe sposato Iola, Dejanira, nel tentativo di ricambiare l'amore di suo marito, gli mandò un mantello imbevuto del sangue del centauro Ness imbevuto del veleno dell'idra di Lerne. Non appena Ercole indossò questo mantello, si attaccò al suo corpo. Il veleno penetrò nella pelle dell'eroe e iniziò a causare un terribile tormento. Dejanira, dopo aver appreso del suo errore, si è suicidata. Questo mito divenne la trama della tragedia di Sofocle "Trachinian"

Rendendosi conto che la morte era vicina, Ercole ordinò che suo figlio maggiore, Gill, lo portasse sul monte Eta della Tessaglia e vi deponesse una pira funeraria. Ercole diede il suo arco con frecce avvelenate all'eroe Filottete, un futuro partecipante alla guerra di Troia, che accettò di appiccare il fuoco alle fiamme.

Non appena il fuoco prese fuoco, gli dei Atena ed Hermes scesero dal cielo con tuoni e fulmini, che trasportarono Ercole sull'Olimpo su un carro d'oro. Ercole vi sposò l'eterna giovane dea Ebe e fu accolto nella schiera degli immortali.

Dopo la morte di Ercole, il codardo Euristeo iniziò a perseguitare i suoi figli (Eraclide). Dovettero rifugiarsi ad Atene, con il figlio di Teseo, Demofonte. L'esercito di Euristeo invase la terra ateniese, ma fu sconfitto da un esercito guidato dal figlio maggiore di Ercole, Gill. Gli Eraclidi divennero gli antenati di uno dei quattro rami principali del popolo greco: i Dori. Tre generazioni dopo Gylus, l'invasione dorica del sud culminò nella conquista del Peloponneso, che gli Eraclide consideravano la legittima eredità del padre, a tradimento a lui sottratto dall'astuzia della dea Hera. Nelle notizie sulle catture dei Dori, leggende e miti si mescolano già a ricordi di autentici eventi storici.

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Miti dell'antica Grecia

MITI SU ERCULE

L'eroe più amato dagli antichi greci era Ercole, figlio di Zeus e della mortale Alcmena. Tradizionalmente, era raffigurato come alto, potente, muscoloso, vestito di pelle di leone e armato di un enorme bastone. I miti raccontano come il re codardo e vanitoso Euristeo, cercando la morte di Ercole, gli diede ogni sorta di compiti incredibili. Eseguendoli, Ercole compì dodici fatiche. In particolare, ha sconfitto un mostro: un leone gigante e un'idra a nove teste, ha catturato una cerva dalle corna dorate e un cinghiale cannibale. Imparerai queste e altre vittorie del famoso eroe dell'Ellade leggendo i miti su Ercole.

Scuderie Augiane

Quinta impresa

Il re Euristeo non poté tornare in sé per molto tempo - non era tanto per lo spavento quanto per la disperazione: dopotutto, Ercole tornò di nuovo vittorioso da una prova difficile, e anche per turbare il re, trascinò quel cinghiale che avrebbe dovuto fare a pezzi l'eroe.

"Cosa dovrebbe pensare adesso?" - lo sfortunato re si lasciò perplesso e, a quanto pare, non avrebbe pensato a nulla se non fosse stato per la sua potente alleata Hera.

La dea sconsiderata apparve in qualche modo a Euristeo in un sogno e suscitò i pensieri dell'eroe che non erano solo impossibili, ma anche vergognosi, umilianti anche per una persona normale.

Anche la luce non brillava, come felice Euristeo mandò il suo araldo Conrey ad Ercole con un ordine rigoroso: vai immediatamente da Elis dal re Avgiy e ripulisci tutte le sue stalle in un giorno.

Sentendo questo strano ordine, Ercole bruciò di risentimento.

Pulisci le stalle! gridò indignato. - Cosa stai portando, Kopreyu?

E all'improvviso l'eroe si tagliò la lingua, notando il sorriso beffardo dell'araldo reale. Il viso di Ercole era pieno di rabbia, e abbassò la fronte pesante e non sentì nemmeno quando Koprey se ne andò.

Eracle. Statua dal frontone est del tempio di Atena sull'isola di Egina. Marmo. Inizio 5° secolo n. e.

Quindi, la punizione degli dei è terribile! Ma la sua stessa colpa, che è ancora un peso indistruttibile sul suo cuore, è ancora più terribile. Può rifiutare anche il pentimento peggiore, anche il più vergognoso? Il re Euristeo ride con i suoi servi, e allora? È necessario non prestare loro attenzione, ma mostrare la volontà di Zeus.

In Elis, Ercole si recò subito non nel palazzo di Avgius, ma in numerose scuderie circondate da un robusto recinto. Solo ora l'eroe si rese conto del difficile compito che Euristeo gli aveva assegnato. L'intero cortile all'interno del muro era una solida palude e da essa veniva attinto un fetore mozzafiato. Dopo aver interrogato le persone, Ercole venne a sapere che nessuno puliva mai le stalle. Di sera, il bestiame veniva radunato qui e lei stava appena entrando in quel letame. E il cattivo fetore delle scuderie reali arrivava fino ai villaggi circostanti, avvelenando l'aria e la vita delle persone.

Certo, è vergognoso per l'eroe scavare nel letame, ma poi le persone respirano liberamente e lo ricordano con una gentile parola di gratitudine. Ma come farlo in un giorno? Ercole ci pensò a lungo, oltrepassando il cerchio del muro, poi si avvicinò fiume veloce Peney e si sedette per riposare un po'.

Il re Euristeo, a quanto pare, si consola con il pensiero che Ercole, l'eroe illustre, indosserà sulle proprie spalle kosh puzzolente con letame e diventerà lui stesso cattivo e puzzolente. No, Euristeo non aspetterà che Ercole si sporchi le mani. Inoltre, lui stesso ha dato solo un giorno.

Augeas fu sinceramente sorpreso quando vide davanti a sé il famoso Ercole, e soprattutto quando venne a sapere che si impegnò a pulire tutte le stalle in un giorno.

Una persona è così debole? - chiese, dubitando se crederci o meno, il re di Elide. - Se dovessimo radunare persone da tutto il mio stato, non ce l'avrebbero fatta in un giorno.

E lo farò da solo, da solo ", rispose con calma Ercole.

No, non lo farai! - ostinatamente Augusto. - Scommetto che non lo farai.

E scommetto, - ridacchiò l'eroe. - Se vinco, mi darai una decima del tuo bestiame, ok?

OK! - Senza esitazione, il re acconsentì, deciso che Ercole avrebbe sicuramente perso.

Chiamarono a testimoniare il figlio maggiore di Augusto, Filea. Il principe ha rotto le loro mani e il proprietario ha detto:

Oggi, Hercules, sii mio ospite, e domani mattina potrai metterti al lavoro.

La mattina dopo, non appena i raggi dorati di Eos apparvero nel cielo, Ercole lasciò il palazzo portando sulle spalle forconi e pale. Non andò alle stalle, ma nella foresta, al fiume Peney, le cui onde si precipitavano violentemente dalla montagna.

A pochi passi dalla riva, Ercole si alzò, gettò via la sua pelle di leone e iniziò a scavare un grande fossato fino alle stalle. Era un duro lavoro, solo un potente eroe poteva farlo: il terreno duro e sassoso cedeva a malapena e di tanto in tanto si rompevano pale e picconi.

Per tutto il giorno, senza inchinarsi, Ercole scavò quel fossato, guardando solo di tanto in tanto il sole, e poi lavorò con forza e forza ulteriormente. Dopo aver scavato il fossato fino alle porte stesse delle scuderie reali, Ercole alla fine si fermò, fece il giro del muro e vi aprì un grande buco dal lato opposto. E poi ordinò ai servi di non far avvicinare il bestiame alle stalle, sebbene il sole fosse già al limite della sera.

Augeus stesso uscì dal palazzo per vedere cosa stava facendo Ercole e non lo vide da nessuna parte. Il re sorrise sdegnosamente, perché l'eroe non pensava nemmeno a pulire le stalle. E il giorno è passato...

E dalla foresta si udirono potenti colpi sordi - quindi Ercole stava già collegando il fossato con Peneus. E poi getti trasparenti e puliti si precipitavano in un nuovo canale, dritti alle stalle, turbinavano nel cortile e portavano via tutto il letame, la paglia, la palude attraverso un foro praticato in quel lato del muro.

Ercole osservò in silenzio l'acqua lavorare per lui. La gente fuggiva da ogni parte, esclamazioni di sincera gioia, si udivano risate gioiose dalla folla e il principe Philei lodava Ercole, la sua mente e le sue mani ad alta voce.

L'acqua fece bollire a lungo, poi l'eroe si appoggiò di nuovo al fiume, riempì il ruscello di pietre e l'acqua riprese come al solito. Tutte le stalle erano pulite, lavate con acqua, e gli ultimi raggi del sole al tramonto si riflettevano in piccole pozzanghere trasparenti.

E cosa, il re, perso? - gridò allegramente Ercole al cupo Avgius. “I tuoi pastori dovranno contare per me la decima del bestiame domattina, e io lo riporterò a casa domani.

Perché sbrigati, resta con me in Elis, - disse con riluttanza il re.

No, non posso ritardare. Dopotutto, Euristeo ha già pensato, a quanto pare, a qualche altro lavoro per me.

Euristeo ti ha mandato qui? chiese Augius vivacemente. - Perché hai ragione con me bestiame?

Non abbiamo scommesso? - offeso disse Ercole.

Sì, sono stati deposti, ne sono un testimone, si è sentita una voce sonora e Tsarevich Filey è diventato il lato dell'eroe.

Attacca la lingua! gridò furiosamente a suo figlio. - Bene, fuori dalla mia vista!

E il principe rimase immobile davanti a Ercole. E Avgiy iniziò a gridare:

Fuori di qui, entrambi! Andate via entrambi!

Così la coppia di Elis perse sia l'ospite che il figlio.

Il principe Filey andò dai suoi parenti sull'isola di Dulihiy, ed Ercole, come uno schiavo obbediente, andò a Micene.

Traduzione di Ekaterina Glovatskaya

1. Quando Ercole si rese conto di quale difficile compito gli aveva affidato Euristeo?

2. Determina quali pensieri, sentimenti e stati d'animo dei personaggi devono essere trasmessi leggendo il dialogo tra Avgeas ed Ercole. Leggi questo pezzo di mito nei volti.

3. Siete d'accordo che liberarsi della sporcizia delle stalle di Augia possa essere definita un'impresa? Giustifica la tua opinione.

4. Prepara una rivisitazione del mito per conto di Ercole.

Interessante da sapere

Dai miti ci è venuto molto espressioni popolari che sono diventati permanenti e di uso frequente. Come sulle ali, volavano da una lingua all'altra, dall'antichità alla modernità. Alcuni di loro sono collegati ai miti su Ercole. Cosi quando noi stiamo parlando sull'inquinamento o su un'attività estremamente trascurata, viene in soccorso l'espressione "scuderie augeane". Ai nostri tempi si usa anche la frase "forte come Ercole".

Cane Kerber

Dodicesima impresa

Ora resta ad Ercole per servire il re Euristeo per l'ultima volta, e da questo pensiero, la gioia, come il sole, illuminò l'eroe. È vero, lo zar pensava a compiti sempre più difficili e ora, alla fine, ha chiesto all'eroe una cosa inaudita e incredibile. Euristeo ordinò che il cane da guardia Kerberus, un mostro feroce, figlio di Echidna e Tifone, fosse portato dagli inferi dei morti. Kerber aveva tre teste su un lungo collo, una grande criniera di serpenti velenosi, e invece della coda, aveva un drago che si contorceva.

Questo cane custodiva la via d'uscita dal regno del potente dio Ade, dove le ombre dei morti vagano nell'oscurità totale, e il dolore era quello sfortunato che fu nuovamente fatto a terra, per luce del sole. Kerberus si precipitò verso di lei, la fece a brandelli, la riportò nell'oscurità nera. E poi tornava al suo posto, e da lì ogni tanto si sentiva il suo abbaiare feroce.

Quando la gente seppe che Ercole doveva portare quel mostro sotterraneo al re Euristeo, a Micene si verificarono urla e pianti: tutto perché si sentivano dispiaciuti per il loro amato eroe. E il re non prestò attenzione a quel pianto e si affrettò ad Ercole. E il figlio di Zeus ascoltò con calma la capricciosa volontà reale e, come sempre, si preparò immediatamente per un lungo viaggio.

Passeggiando per i campi e i prati verdi, l'eroe si rallegrava dell'affetto sole di primavera e spesso gli sorrideva involontariamente - dopotutto, presto il sole si spegnerà per lui per molto tempo, e forse per sempre.

Più Ercole si avvicinava alla gola di Tenara, poi i raggi del sole si attenuavano e l'ambiente diventava cupo e ostile. Il cielo si trasformò in nubi lugubri che nascondevano il sole limpido e uno spirito velenoso e vertiginoso si levò dalla terra screpolata.

Ecco finalmente la gola nera che porta al sottosuolo regno dei morti. Per un momento, Ercole si fermò, sospirò pesantemente, e poi si fece avanti con decisione.

1 Tenore - un promontorio roccioso nel sud del Peloponneso (una penisola nel sud della Grecia); gli antichi greci immaginavano che tra le sue rocce ci fosse l'ingresso agli inferi.

All'inizio Ade era terribilmente arrabbiato perché qualche mortale insolente osò discendere nel suo regno e avvicinarsi anche al trono. Ma, riconoscendo il glorioso figlio di Zeus, Ade solo cupamente chiese:

Cosa vuoi, eroe?

Non per me, potente Ade, ma per il re Evristheus, il Kerberos aveva bisogno, devo portarlo a Micene.

Quindi, prendi Kerber quando lo padroneggi, - disse l'insidioso Ade. - Ti metto solo l'unica condizione: riuscire a superarlo senza armi. E ora puoi andare a cercare Cerberus da qualche parte sulla riva di Acheron. E non tornare più qui.

Tra le rocce nere a strapiombo, Acheron, il fiume del dolore, camminava tranquillo, lento e faticoso. Ercole stava sulla riva e guardava. Improvvisamente, nel bel mezzo del silenzio inquietante, si udì un ringhio furioso. E la bestia era in ritardo: Ercole saltò per primo e strinse il collo del cane con tutte le sue forze. Tre teste di cane roteavano e ringhiavano furiosamente, e non potevano raggiungere l'eroe. Il drago che Kerberus aveva al posto della coda fissò Ercole, ma lui non reagì. Strinse sempre più forte il brutto collo finché il cane esausto non cadde ai suoi piedi.

Allora Ercole trascinò la catena al collo di Kerberov e trascinò la bestia a Caronte. Il vecchio traghettatore, cupo, accigliato, apparentemente conosceva già la volontà di Aidov, quindi li trasportò silenziosamente dall'altra parte e l'eroe addestra il cane sotterraneo su per il ripido sentiero.

Lentamente divenne più chiaro, l'oscurità nera svanì prima del sole, e Kerber si preoccupò, iniziò a opinatisya che ulteriormente, poi più forte, ma Ercole, e per un momento senza fermarsi, lo tirò su.

Ecco il sole, brillante, bello. L'eroe già rideva, una gioia così violenta lo capiva. E il cane sotterraneo distolse gli occhi dal sole e abbaiò furiosamente, solo schiuma volava intorno alle sue tre bocche. Dove cadevano brandelli di quella schiuma, l'erba seccava e diventava un terribile veleno.

Quando i Micenei videro il mostro trigolovano che Ercole era su una catena di tiri, tutti si precipitarono in tutte le direzioni. Nessuno avvertì il re Euristeo e non fece in tempo a nascondersi nella sua botte preferita, lasciò addirittura il palazzo senza nulla da fare proprio quando apparve Ercole.

1 fiume sotterraneo Acheronte del dolore, attraverso il quale il barcaiolo Caronte trasportò le anime dei morti nel regno dell'Ade.

Ercole, Kerberos ed Euristeo. Dipingere un vaso. Intorno al 525 a.C e.

Vedendo Cerbero, il re divenne pallido, tremante e non poteva né muoversi né ottenere una parola. Probabilmente, allora per la prima volta si rese conto di quanto fosse forte e coraggioso Ercole. Almeno quando i servi portarono a palazzo il re semi-cosciente, parlò a malapena con tre labbra:

L'eroe ora è libero... Lascialo andare...

Ercole tornò a casa nella sua nativa Tebe. E prima aprì la catena e liberò Kerberus scomparve immediatamente dalla vista: con un salto si ritrovò negli inferi ii, come prima, vicino all'uscita da lui di guardia.

Traduzione di Ekaterina Glovatskaya

Sforzati di essere lettori creativi

1. Racconta il mito vicino al testo.

2. Cosa dà al lettore un'idea del cane Kerberos?

3. Quali elementi fantastici sono presenti nel mito?

4. Quale dei personaggi di "Harry Potter e la pietra filosofale" di Joan Rowling ti ricorda il cane Kerberos? Che cosa esattamente?

5. Preparare una caratterizzazione di Ercole per la lettura dei miti.

Interessante da sapere

Molti eroi mitici "apparvero" nel cielo sotto forma di costellazioni. Anche Ercole ricevette questo onore, i cui contorni condizionali possono essere trovati sulla mappa del cielo stellato chiamata costellazione di Ercole. Tuttavia, anche gli animali con cui l'eroe ha dovuto combattere hanno ricevuto il loro posto in paradiso. Questo è un leone e un cancro (è stato lui ad afferrare Ercole per una gamba durante il suo duello con l'idra). Le costellazioni del Leone e del Cancro si trovano sul lato del cielo opposto alla costellazione di Ercole, come se avessero paura di stare vicino all'eroe. Secondo le credenze degli antichi greci, essi, per particolari meriti a loro favore, furono immortalati tra le stelle da Era, che si oppose ad Ercole in ogni modo possibile.

Riassumendo quanto appreso durante il viaggio "I sentieri dei miti"

1. Continua la frase: "I miti sono ...".

2. Assegna un nome alla parola mancante in questo schema:

3. In che modo popoli diversi spiegavano l'origine del mondo nei miti?

4. Leggi un estratto dal poema di Taras Shevchenko "Il Caucaso". Il nome del mitico eroe manca qui? Qual è la grandezza della sua impresa?

Dietro le montagne ci sono montagne avvolte nelle nuvole,

Seminato di dolore, innaffiato di sangue.

Da tempo immemorabile...

Lì l'aquila punisce

Che buona giornata costolette

E il cuore si spezza.

5. Considera perché gli artisti paesi diversi si rivolse al mito di Prometeo.

6. Il nome del mito che è criptato nel puzzle? Spiegare significato figurato questa espressione.

7. Come capisci le parole nell'epigrafe della sezione?

8. In che modo i miti attraggono i nostri contemporanei?

9. Quali spettacoli, cartoni animati o film basati su trame di miti hai visto?

10. Confronta le informazioni sulla mitologia greca antica ottenute nelle lezioni di storia del mondo antico e della letteratura straniera.

11. Che cosa apprezzavano gli antichi greci in una persona? Fornisci esempi dai miti che leggi.

12. Scrivi un saggio sull'argomento "Il mio eroe mitologico preferito".

Interessante da sapere

IN mitologia greca antica profeta della divinità del mare Proteus, che ha molta conoscenza e ha la capacità di cambiare il suo aspetto. Può trasformarsi in qualcuno e in qualcosa: vari animali, fuoco, acqua, legno.

Considera perché i traduttori esperti sono chiamati talenti di Proteus.